domenica 15 novembre 2009

INSIEME

Sono ormai una consuetudine gli attacchi che da tempo si susseguono verso la persona del Sindaco della nostra città: la misura a questo punto è piena!

Come gruppo politico partecipe dell’attuale maggioranza, non possiamo che dare fermo sostegno all’attività del Sindaco e della sua Amministrazione.

Ci permettiamo con umiltà di esprimere il nostro pensiero senza la volontà di offendere nessuno, senza voler dare consigli, senza voler per forza avere ragione: riteniamo però più appropriato contrapporre diversità di vedute sull’amministrazione della città sul piano politico e istituzionale piuttosto che sulla sfera privata e personale. Sarebbe forse più corretto, elegante e decoroso.

Ci permettiamo, con sincero timore reverenziale, di chiedere con quali argomentazioni si può affermare che l’Amministrazione abbia abbandonato la ricerca di una soluzione per i palazzoni di Via San Giulio; con che certezza si parla di pressioni verso gli attuali occupanti dei palazzoni?

Ci permettiamo di domandare come si può valutare la situazione Stazione\Ferrovie Nord focalizzandosi solo sulla fermata “Castellanza” senza considerare il progetto nella sua globalità e quanto realmente si sta conquistando per TUTTA la popolazione castellanzese?

Ci permettiamo di chiedere se non ci siano altri “fatti” che sono stati realmente concretizzati rispetto al programma amministrativo della lista “Farisoglio Sindaco” o sono stati scelti con estrema cura e attenzione chirurgica solo alcuni esempi.

Non è più possibile accettare ed essere indifferenti davanti a gratuiti insulti mediatici; non è più possibile nelle sedute di consiglio comunale tentare di ascoltare deduzioni e congetture “brillanti” e “geniali”, troppo “fini” per noi da comprendere; non è più possibile ricevere “paternali” da chi insulta chiedendo di non essere oggetto di insulti.

Con sincera stima verso la persona del Sindaco, con leale appoggio all’Amministrazione da lui guidata, proseguiamo nella nostra attività politica, disponibili ad amministrare INSIEME a chi, pur nella contrapposizione delle idee, sarà capace senza pregiudiziali di valutare l’operato dell’amministrazione; INSIEME a chi, come noi, vorrà essere a servizio della comunità.

mercoledì 4 novembre 2009

Crocifisso/Strasburgo straparla

La corte di Strasburgo che ha imposto all’Italia di bandire il crocifisso dalle aule scolastiche si chiama ufficialmente Corte europea dei diritti dell’uomo. Con un nome così solenne pensavamo che dovesse occuparsi di questioni importanti e soprattutto attinenti alla sua ragione d’essere.

• Per esempio, appunto, le violazioni dei diritti umani e civili là dove ci sono, e siamo sicuri che con la nuova Europa allargata avrebbe parecchio da lavorare.

• Un buon campo d’azione potrebbe essere, per esempio, quello dei bambini sfruttati da clandestini di ogni specie agli angoli delle strade di ogni città europea, mandati a fare i lavavetri o i ladri.

• Oppure di ricorsi alla giustizia, specie civile, nei quali un privato cittadino attende interi decenni prima di ottenere una giusta sentenza.

• O delle cause di lavoro, dove chi fa il furbo e ha i soldi riesce quasi sempre a piegare il più debole.

• O degli scandalosi ritardi con i quali in quasi tutti gli angoli del nostro continente si pagano lavori regolarmente fatturati.

Insomma, non ne mancherebbe di lavoro per la Corte di Strasburgo. Invece ieri questi giudici hanno preferito esibirsi su un altro tema, sollevato da due privati cittadini italiani, due genitori (lei una finlandese), che sostengono che il crocifisso nelle scuole limita i loro diritti individuali. La Corte ha appunto dato loro ragione affermando che il crocifisso “limita il diritto dei genitori di educare i figli in conformità con le proprie convinzioni”, nonché “il diritto dei bambini di credere o non credere”. È evidente che il diritto dei genitori di educare i figli “in conformità con le proprie convinzioni” cozza contro il diritto dei figli di maturare liberamente delle convinzioni proprie, che non necessariamente devono essere quelle di papà e mamma. Mentre quanto al “credere e non credere” non risulta che la fede in Italia, così come in ogni parte del mondo – tranne che nei regimi fondamentalisti – venga inculcata dalla scuola – dove l’ora di religione è libera – e dipenda dai simboli che si vedono un po’ ovunque.

Per fare un esempio: l’Union Jack, la bandiera britannica, contiene non una ma ben tre croci: quella di San Giorgio, dell’Inghilterra; quella di Sant’Andrea, della Scozia; e quella di San Patrizio, dell’Irlanda. Forse ne deriva una danno alle libere convinzioni dei cittadini britannici? Non ci pare proprio: anche perché gli scozzesi sono cattolici, gli inglesi protestanti.

La bandiera portoghese ha al proprio interno uno scudo che incorpora altri scudi. I cinque centrali rappresentano cinque re moreschi sconfitti in battaglia nel 1200. Si può dire che il Portogallo inciti al razzismo e che i suoi cittadini si sentano obbligati a sottomettere ogni moresco che incontrano? Ancora più celebre è la bandiera spagnola, con il grande stemma affiancato da due colonne. Lo stemma è composto da quelli di Castiglia, Leon, Aragona, Navarra e Granada; le colonne rappresentano le Colonne d’Ercole perché la Spagna era convita di rappresentare la fine del mondo civile. Questo non impedì agli spagnoli di finanziare la scoperta dell’America, così come tanta tradizione nobiliare non impedisce alla Spagna di avere un governo socialista.

La Marsigliese, l’inno nazionale della Francia, è tutto un invito a difendere con il sangue la Patria contro i perfidi e incivili stranieri. La Corte di Strasburgo ha intenzione di imporre a Parigi di sostituirlo con qualcosa di più politicamente coretto? Anche il nostro inno contiene la famosa strofa che se la prende con “austriaci e cosacchi” e ci dichiara tutti “schiavi di Roma”. Ci accuseranno di voler dichiarare guerra a Mosca e Vienna, oltre che di schiavismo?

Potremmo finirla qui perché l’elenco sarebbe davvero lungo. Banalmente si potrebbe dire che i giudici di Strasburgo confondono tradizione e religione. Ignorano che un simbolo religioso può diventare un simbolo identitario, o anche solo tradizionale. Dovremo abolire la Croce rossa? E fortuna che la Svizzera non fa parte dell’Unione europea (anche se la Corte di Strasburgo non è formalmente un’istituzione comunitaria). Però attenzione:la Grecia invece nell’Ue ci sta eccome, e la sua bandiera contiene la croce ortodossa. E non si possono dimenticare i tre paesi scandinavi dell’Unione – Svezia, Danimarca e Finlandia – che hanno tutti bandiera con la croce. Mentre croci sospette campeggiano sulle bandiere della Slovacchia e di Malta.

Se la sentenza della Corte venisse applicata in maniera letterale, dovremmo buttar fuori la croce e simboli simili non solo dalle aule scolastiche, ma anche dagli edifici pubblici, dai castelli, e perché no dai camposanti. Per dirne un paio, dalla facciata di Buckingham Palace e da quella del Louvre. Provate a dirlo agli inglesi ed ai francesi. I primi, oltretutto, devono modificare al più presto anche l’inno: “God save the Queen” è proprio in contrasto con la libertà “di credere e non credere”. Che la regina o il re si salvino da soli, oppure facciano ricorso alla Corte. Noi dovremmo più banalmente modificare il Quirinale, il Campidoglio, il municipio di Milano. Via anche la croce del Colosseo. La maglia del Parma va bandita, e pure quella da trasferta dell’Inter. Gli stemmi di Roma e Lazio ci appaiono a rischio: lupa ed aquila sono simboli imperiali, o almeno possono creare problemi con gli animalisti.

Solo parole in libertà? Mica tanto.

• La sentenza di Strasburgo è esecutiva, l’Italia è obbligata a fare ricorso (cosa che il governo ha già promosso). Insomma, si perdono tempo e soldi dei cittadini. Ciò che forse è ancora più grave, sono le ripercussioni che la questione sta avendo in molti commenti.

Al di là della compattezza politica di maggioranza e opposizione, ecco l’inno alla Corte di Strasburgo intonato su Repubblica da Stefano Rodotà: “L’Europa ci guarda e, con il voto unanime dei suoi giudici, ci aiuta”. Sulla Stampa gli dà man forte Michele Ainis: “Si può subito osservare che nessuna legge impone il crocifisso nelle scuole. La sentenza ci libera finalmente da un equivoco che ci portiamo dietro da 70 anni”.

Da queste opinioni, se non sono in mala fede, traspare una tentazione pericolosa, presente da sempre in una certa parte delle élite intellettuali: la volontà del popolo, i suoi usi e le sue tradizioni, non contano nulla. È ammesso solo ciò che prescrive e prevede la legge (non il contrario: non è ammesso solo ciò che è proibito dalla legge, il dogma delle società liberali). E se non bastasse la legge italiana, bisogna ricorrere ad una legge sovranazionale.

• In nome di un egualitarismo di facciata si passa sopra alla sovranità popolare. E contro questa sovranità si invocano organismi burocratici nominati non si sa da chi ma che si autoinvestono del diritto di intervenire nella nostra libertà. Ed in nome del rispetto delle opinioni individuali si incoraggia di fatto l’intolleranza, il laicismo (cosa ben diversa dalla laicità), il prevalere delle opinioni di pochi su quelle di tutti. Bell’idea di democrazia.